Negli Stati dell'Unione europea, circa 800 mila persone sono costrette al lavoro forzato.

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Con il termine “Lavoro forzato” la comunità internazionale evidenzia le situazioni nelle quali alcune persone – donne e uomini, ragazze e ragazzi – vengono fatti lavorare contro la loro libera volontà, costretti dai datori di lavoro o reclutatori, tramite la violenza o la minaccia, o con mezzi più subdoli come la contrazione di debiti o il trattenimento dei documenti di identità, o la minaccia di denuncia alle autorità dell’immigrazione. Secondo un sondaggio diffuso dall’Ilo, International Labour Organizzation, il 10 luglio scorso, negli stati dell’ Unione Europea, sono più di 800 mila le persone costrette al lavoro forzato, praticamente 1,8 persone ogni mille abitanti.

Nella maggior parte dei casi di sfruttamento per lavoro segnalati, le vittime sarebbero cittadini comunitari, altri provengono dall’ Asia, dall’Africa, dall’Europa centrale e del Sud-Est. Il programma speciale dell’Ilo per combattere il lavoro forzato, dimostra chiaramente che i settori nei quali si trova maggiormente lavoro forzato negli stati Ue sono: l’agricoltura, il lavoro domestico, l’industria manifatturiera e le costruzioni. Le vittime vengono ingannate con finte proposte di lavoro per poi scoprire che le condizioni reali sono ben diverse da quelle che si aspettavano. L’Ilo ha lavorato insieme a diversi Stati dell‘Ue per condurre ricerche sui meccanismi di reclutamento, tuttavia, non vengono tuttora perseguiti in modo adeguato gli individui responsabili di tante sofferenze inflitte ad un numero cosi alto di persone. Ci vuole un grosso cambiamento in modo da assicurarsi che il numero delle vittime non cresca ancora durante questo periodo di crisi economica che rende le persone maggiormente vulnerabili a tali abusi. (G-Pietro Penna)