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    La direttiva europea sul permesso unico approvata nella giornata di ieri 13 dicembre dal parlamento europeo, introduce una semplificazione delle procedure finalizzate alla richiesta del permesso di lavoro da parte degli stranieri.

    Gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire la direttiva dal momento della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue.

    Le nuove disposizioni riguardano i cittadini extracomunitari che vogliono vivere e lavorare in uno degli stati membri dell’Ue o che già vi risiedono e/o lavorano.

    Per gli stranieri che hanno ricevuto un permesso di residenza a lungo termine, ai lavoratori stagionali, a quelli distaccati, ai rifugiati e ai lavoratori in trasferimento all’interno di società multinazionali non si applica quanto previsto dalla direttiva in esame.

    Quanto approvato dal Parlamento europeo prevede che siano garantiti agli stranieri, a livello comunitario, una serie di diritti, tra cui quelli legati al lavoro, quali sicurezza sociale, alloggi sociali, formazione professionale, diritto di rappresentanza sindacale, condizioni di lavoro decenti, e altri ancora.

    Ma tutto ciò può realizzarsi solo con delle condizioni: il soggetto sia legalmente residente e sia in possesso di un’occupazione.

    Per quanto concerne la sicurezza sociale, la direttiva prevede come regola generale la parità di trattamento tra lavoratori extracomunitari e lavoratori europei.

    Sul versante formazione professionale e istruzione, le disposizioni europee prevedono per gli stati membri la possibilità di imporre delle condizioni all’accesso alla formazione universitaria e professionale che risulta non direttamente collegata all’attività dell’occupazione, come la conoscenza della lingua nazionale. (G-Nicole Elia)

     

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    I contratti interinali facilitano l’occupazione.

    Ciò che sostanzialmente emerge dalla direttiva 2008/104/Ce del Parlamento europeo sulla somministrazione di manodopera è proprio questo.

    Nella normativa italiana, rimasta lontana dalle disposizioni Ue, mancano ancora degli obiettivi concreti presenti nel “considerando” n. 11 della direttiva che invita gli Stati membri a valorizzare l’utilizzo del lavoro interinale, in quanto esso contribuisce alla creazione di nuovi posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro delle persone.

    Di conseguenza, ogni Stato membro è chiamato ad eliminare le restrizioni e i divieti imposti al ricorso al lavoro mediante agenzia di somministrazione, lasciando in piedi quelli giustificati da ragioni d’interesse generale che riguardano la tutela dei lavoratori, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro e la necessità di gestore il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi. (G-Veronica Notaro)

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    L’Italia ha tre mesi di tempo per recepire la direttiva 2009/50/Ce, che istituisce la cosiddetta carta blu, per facilitare l’ingresso di immigrati particolarmente esperti nella loro attività. La carta è una sorta di corsia preferenziale per entrare nel mondo del lavoro dell’Unione. Lo straniero in possesso della carta blu può aspirare a un trattamento privilegiato. Ma per ottenere questa attestazione è necessario arrivare nello Stato europeo con già un ingaggio, nel quale sia fissato un salario di una volta e mezzo superiore a quello medio del Paese interessato. Inoltre, lo straniero deve disporre di un’assicurazione contro le malattie e l’attestato della qualifica superiore.

    Il cartoncino blu, tra i benefici offerti, dà diritto a condizioni privilegiate per il ricongiungimento familiare e allo spostamento all’interno dell’Ue. La carta ha validità fino a quattro anni rinnovabili. Dopo 18 mesi trascorsi nel territorio di un Paese, chi ottiene la carta può decidere di andare a prestare la sua opera in un altro Stato Ue.

    Per quanto riguarda il recepimento della direttiva 2009/52/Ce, l’Italia ha tre mesi di tempo per armonizzare le sanzioni, con soglie minime, a chi impiega immigrati irregolari.

    Il datore di lavoro ha l’obbligo, tra gli altri, della dichiarazione d’impiego e della notifica.

    I trasgressori, oltre alle sanzioni, sono tenuti al pagamento di tutti gli arretrati dovuti al lavoratore e alle spese per il rimpatrio. (G-Ilaria Laudisa)

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    Il nuovo Programma “Horizon”, con finanziamenti dal 2014 al 2020, presenta un unico programma, che destina 24,6 miliardi alla scienza, 17,9 miliardi all’innovazione industriale, 31,7 miliardi alla sanità, all’evoluzione demografica e al benessere, alla sicurezza alimentare, all’agricoltura sostenibile, alla ricerca marina, alla bioeconomia, all’energia sicura, ai trasporti intelligenti, agli interventi per il clima. Alle piccole e medie imprese è dedicato un budget di 8,6 miliardi.

    L’Italia è quarta per numero di partecipanti e per budget, ma la media di domande presentate rispetto a quelle accettate e definite con contratto è del 18,4%. Nella graduatoria europea sull’innovazione siamo sedicesimi su ventisette.

    La principale novità per le piccole imprese è rappresentata da un altro programma, “Cosme”, un pacchetto di 2,5 miliardi finalizzato a rafforzare la competitività delle piccole e medie imprese attraverso la promozione dell’accesso al credito e una maggiore cultura imprenditoriale.

    Il programma assisterà circa 39 mila imprese all’anno, aiutandole a creare, o salvare, 29.500 posti di lavoro e a lanciare 900 nuovi prodotti, servizi o processi commerciali. (G-Stella Ferres)

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    Nella vicenda in esame, un lavoratore tedesco chiedeva la liquidazione dell’indennità sostitutiva delle ferie annuali retribuite non fruite nei periodi di riferimento corrispondenti al 2006, 2007 e 2008, durante i quali era stato assente dal lavoro per inabilità a causa di un infarto.

    Il contratto collettivo per l’industria metallurgica ed elettrotecnica della Renania prevede che il diritto alle ferie si estingue tre mesi dopo la fine dell’anno civile, periodo protratto di 12 mesi se le ferie non siano state fruite a causa di malattia.

    La Corte Ue chiarisce che ogni lavoratore ha diritto alle ferie annuali retribuite. Questo principio non si può derogare e le attenzioni da parte delle autorità nazionali in merito devono essere in linea con il diritto dell’Ue. Ma i giudici europei hanno ritenuto legittima una normativa nazionale, quale quella tedesca, che preveda la perdita del diritto alle ferie annuali allo scadere di un periodo di riferimento o di un periodo di riporto, a condizione che il lavoratore abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare il suo diritto alle ferie. Ciò al fine di tutelare il datore di lavoro dal rischio di cumulo troppo rilevante di periodi di assenza del lavoratore.

    La sentenza stabilisce che non è contraria al diritto dell’Ue, in particolare all’articolo 7, n. 1, della direttiva 2003/88/Ce, la norma nazionale che, prevedendo un periodo di riporto allo scadere del quale si estingue il diritto alle ferie, limita il cumulo dei diritti alle ferie annuali retribuite. (G-Ilaria Laudisa)

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    La Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia a pagare una multa di 30 milioni di euro per aver recuperato solo in parte gli aiuti, in forma di sgravi fiscali, concessi tra il 1995 e il 2001 alle aziende, per contratti di formazione e lavoro.

    Il contenzioso parte nel 1995, anno in cui la commissione Ue dichiara illegittimi gli sgravi sui contratti di formazione e lavoro e intima all’Italia di farsi restituire dalle imprese gli aiuti fruiti dal novembre 1995.

    Il governo italiano ha giustificato il rallentamento degli interventi di recupero con la difficoltà dell’operazione, ma, secondo l’Ue, non esistono motivi tali da aver determinato l’impossibilità assoluta di procedere al recupero.

    La Corte ritiene che l’Italia non è stata in grado di dimostrare di aver posto fine all’inadempimento del suo obbligo di dare piena esecuzione alla sentenza della commissione sul recupero degli aiuti illegittimi, dichiarando altresì che tale inadempimento perdura da più di sette anni, il che costituisce un lasso di tempo del tutto considerevole. (G-Ilaria Laudisa)

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    Obiettivo meno oneri per le aziende, con relativi valutazioni preventive di norme e regolamenti sulle piccole e medie imprese, nonché procedure semplificate agli appalti pubblici, e soprattutto l’obbligo per il Governo di recepire entro un anno la direttiva europea 2011/7/Ue sui ritardi nei pagamenti, con poteri sanzionatori all'Antitrust e la proroga della delega per il riordino degli incentivi.

    Queste sono, in sintesi, alcune delle disposizioni previste dallo Statuto delle imprese, approvato ieri 3 novembre, in vi definitiva dalla Camera dei deputati.

    Il provvedimento è stato approvato all’unanimità, senza variazioni rispetto al testo arrivato dal Senato.

    Lo Statuto entrerà in vigore il giorno seguente a quello della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, ed è costituito da un pacchetto di norme finalizzate a ridurre gli adempimenti amministrativi a carico di imprese e cittadini e a favorire e incentivare le nuove attività imprenditoriali. (G-Nicole Elia)

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    Nella lettera che la Banca centrale europea ha inviato all’Italia la scorsa estate, si sottolineava la necessità di rendere più severi i criteri per ottenere le pensioni di anzianità e di allungare l’età pensionabile delle donne nel settore privato. Inoltre si chiedeva di ridurre il costo degli impiegati pubblici, anche rivedendo gli stipendi, e ridefinire le norme sulle assunzioni e sui licenziamenti dei lavoratori.

    Secondo l’Istituto, per la nostra crescita è necessaria la piena liberalizzazione degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali, prevedendone la privatizzazione e l’abolizione di alcuni livelli amministrativi intermedi quali le Province.

    Tute le misure dovrebbero essere inserite in un decreto legge da varare quanto prima, perché sono interventi essenziali per rafforzare l’affidabilità della firma sovrana.

    Nella lettera di risposta, il governo italiano si impegna a rivedere tutti i programmi in corso, dirottando i fondi su pochi e selezionati piani di investimento.

    Per quanto riguarda il lavoro, entro maggio 2012 verrà presentata una riforma sulle assunzioni, al fine di incentivarle. In cambio della flessibilità si offre una stretta sui contratti parasubordinati.

    Sulle pensioni non si farà molto. Si giungerà alla pensione di vecchiaia a 67 solo nel 2026, mentre per le imprese ritorna la deducibilità degli interessi dal reddito.

    Sono previste, poi, quattro modifiche alla Costituzione, una delle quali riguarda l’età dell’elettorato attivo, da allineare a quello passivo: si può essere eletti deputati a 18 anni e senatori a 25, e il numero di componenti delle due camere sarà dimezzato, rafforzando i poteri del Premier. (G-Ilaria Laudisa)

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       Nella lunga lettera presentata dal presidente del Consiglio dei ministri dell’Ue, è contenuto il piano di riforme per i prossimi anni, basato sull’”efficientamento del mercato del lavoro”, attraverso due misure: incentivi a favore dell’occupazione giovanile e femminile e una stretta ai contratti parasubordinati, insieme alla riforma sui licenziamenti.

    Su quest’ultimo aspetto, la riforma dovrà essere “funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa, anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato”.

    La riforma consisterà in un allentamento della disciplina dell’articolo 18, che oggi garantisce la stabilità sul posto di lavoro, obbligando l’impresa a reintegrare il lavoratore che sia stato illegittimamente licenziato.

    Ma la riforma interesserà esclusivamente le nuove assunzioni e non i lavoratori già in forza.

    Sarà disapplicato l’articolo 18 alle assunzioni effettuate in vista di uno specifico e nuovo piano industriale. (G-Ilaria Laudisa)

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    Il decreto legge 138/2011, all’articolo 3, commi 8 e 9, prevede la liberalizzazione delle attività che finora avevano limiti di apertura fissati in base a distanze minime tra un esercizio economico e l’altro o in base al bacino di utenza, a esclusione di quelle manifestamente proibite dalla legge.

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    Il decreto legge 138/2011, all’articolo 3, commi 8 e 9, prevede la liberalizzazione delle attività che finora avevano limiti di apertura fissati in base a distanze minime tra un esercizio economico e l’altro o in base al bacino di utenza, a esclusione di quelle manifestamente proibite dalla legge.

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